No ad un “diritto perenne” all’assistenzialismo ma doveri e “autoresponsabilità”: Ovvero, se il genitore deve mantenere il figlio fino al raggiungimento del suo grado di autonomia, quest’ultimo deve fare di tutto per trovare lavoro dopo gli studi.
“È esigibile l’utile attivazione del figlio nella ricerca comunque di un lavoro, al fine di assicurarsi il sostentamento autonomo, in attesa dell’auspicato reperimento di un impiego più aderente alle proprie soggettive aspirazioni; non potendo egli, di converso, pretendere che a qualsiasi lavoro si adatti soltanto, in vece sua, il genitore”.
Questo è tra i passaggi più significativi della recentissima sentenza della Corte di Cassazione, la n.17183 del 14 agosto 2020, con cui si ribalta il concetto di “diritto al mantenimento per figli non autosufficienti”.
Si passa dal “diritto ad ogni diritto” al concetto di “dovere” e, appunto, di “autoresponsabilità” con il raggiungimento della maggiore età che introduce – secondo la sentenza – “capacità lavorativa, intesa come adeguatezza a svolgere un lavoro, in particolare un lavoro remunerato. Essa si acquista con la maggior età, quando la legge presuppone raggiunta l’autonomia ed attribuisce piena capacità lavorativa, da spendere sul mercato del lavoro, tanto che si gode della capacità di agire (e di voto): salva la prova di circostanze che giustificano, al contrario, il permanere di un obbligo di mantenimento”.
Tutto ciò sulla base di quanto previsto dall’articolo 315-bis del codice civile sui “Diritti e doveri del figlio” che al comma 4 stabilisce che “il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa”.
In questo senso, vale a poco insistere sul tema della disoccupazione che può interessare le persone a qualunque età senza che per questo scatti “un obbligo di mantenimento” da parte dei genitori; eccezion fatta per “l’obbligo alimentare” che tra i congiunti vale a vita ed è reciproco.
Per tali ragioni, si chiarisce che trascorso un lasso di tempo sufficiente dopo il conseguimento di un titolo di studio, non potrà più affermarsi il diritto del figlio ad essere mantenuto. Infatti, leggiamo ancora nella sentenza, “la raggiunta età maggiore del figlio, in ragione dello stretto collegamento tra doveri educativi e di istruzione, da un lato, ed obbligo di mantenimento, dall’altro lato, assume rilievo in sé… l’età maggiore… quell’età in cui si cessa di essere ragazzi e di accettare istruzioni ed indicazioni parentali per le proprie scelte di vita, anche minuta e quotidiana, e si diventa uomini e donne, implica l’insussistenza del diritto al mantenimento”.
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Una risposta
Concordo con l orientamento giuridico della Suprema Corte, adesso bisogna vedere i Tribunali cosa fanno e cosa applicano.
Saluti