Il comune sentire ritiene che, da un punto di vista giuridico, il tradimento sia una delle peggiori responsabilità che un coniuge possa commettere e che da esso discendano gravi conseguenze. Questo tuttavia è un pregiudizio privo di fondamento.
Se da un lato è vero che la violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio può dar luogo ad un addebito della colpa al coniuge inadempiente, è altrettanto vero che per quanto attiene la fedeltà la giurisprudenza ha elaborato principi ben precisi.
Iniziamo con il dire che l’art. 143 del codice civile afferma: “Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”.
Come viene trattato a livello giudiziario il tradimento? È davvero un evento così grave da determinare le conseguenze che tutti ritengono? La risposta è: dipende.
Il caso
Ancora una volta è la Corte di Cassazione, con la recentissima ordinanza n. 1715/2019, a sciogliere ogni dubbio stabilendo che “la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto rende irrilevante la successiva inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale ai fini della dichiarazione di addebito della separazione”.
In altri termini, il tradimento avvenuto in una coppia ormai non più affiatata o innamorata, ma solo formalmente legata dal vincolo matrimoniale, non può essere equiparato al tradimento che, al contrario, intervenga in una coppia solida e senza problemi di sorta.
Il tradimento come effetto di un rapporto matrimoniale che in concreto si è già da tempo esaurito è privo di conseguenze nel senso che da esso non può discendere l’addebito della colpa in capo al soggetto fedifrago. Men che meno può avere conseguenze sull’affidamento dei figli.
Su questo aspetto specifico la sentenza in esame, infatti, pur in presenza di un tradimento coniugale, ha ritenuto l’affidamento condiviso adeguato al preminente interesse del minore, specificando che “il rapporto conflittuale fra i coniugi non può essere, di per sé solo, idoneo ad escludere l’affidamento condiviso… La possibilità di una successiva modifica del regime di affidamento, in funzione della tutela dell’interesse del figlio al miglior assetto del rapporto con i genitori, potrà essere stabilito… qualora si manifesti l’inidoneità da parte di uno o entrambi i genitori che renda impraticabile l’affido condiviso o giustifichi l’affidamento del minore al di fuori della sfera familiare”.
In definitiva, quindi, possiamo affermare che quando il tradimento è l’effetto, e non la causa, di un matrimonio già precedentemente finito, il “traditore” non può subire conseguenze negative né in relazione all’affidamento e gestione dei figli né in relazione all’addebito della separazione.
Tu: “cosa si intende per addebito della separazione?”
Al fine di poter rispondere a tale domanda è necessario far riferimento all’art. 151 del codice civile che testualmente recita: “La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole. Il giudice pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”.
È proprio tale norma che introduce il concetto di addebito della separazione, ovvero la possibilità che il Giudice – su richiesta del coniuge tradito – attribuisca la responsabilità della separazione al coniuge infedele chiamandolo a pagare le conseguenze legali legate all’addebito (quindi alla sua condotta colpevole).
L’addebito
La violazione degli obblighi e doveri derivanti dal matrimonio porta delle conseguenze che vanno al di là della possibilità di poter chiedere la separazione e/o il divorzio. In primo piano tra tali conseguenze, in termini di importanza, è l’addebito della separazione: la possibilità, da parte del coniuge che ha subìto l’altrui condotta, di chiedere che il giudice attribuisca all’altro coniuge la “colpa” della separazione.
Dall’attribuzione della colpa derivano alcuni effetti, ad esempio:
1. la perdita del diritto all’assegno di mantenimento;
2. la perdita di ogni diritto di successione o previdenziale (quindi, in caso di morte del coniuge incolpevole, l’altro non potrebbe ereditare alcunché né percepirebbe la pensione di reversibilità)